Un milione e mezzo di chilometri dal pianeta Terra: è questa la distanza alla quale è stato posizionato il più potente telescopio spaziale mai realizzato dal genere umano. Ma anche questo viaggio incredibile è cominciato su di un camion…

26 Ottobre 2022 di redazione

Dice il saggio: ogni viaggio, anche un viaggio di centomila miglia, nasce sotto le suole delle proprie scarpe. È un modo per ricordarci che non c’è nulla che non possa essere affrontato: basta fare il primo passo. Questa antica perla di saggezza sembra fatta apposta per introdurre l’ultimo degli incredibili viaggi che il genere umano è stato in grado di intraprendere, quello che ci porterà a guardare negli occhi le origini del nostro Universo.

UN PROGETTO NATO 25 ANNI FA – Stiamo parlando dell’incredibile viaggio del telescopio spaziale James Webb, un viaggio iniziato 25 anni fa, quando la comunità scientifica partorì l’idea di inviare nello spazio un nuovo tipo di telescopio, capace di leggere l’Universo attraverso gli infrarossi. Così è nato il James Webb, che il 25 dicembre del 2021 è stato sparato dallo spazioporto di Kourou, in Sudamerica, nella Guyana Francese, a bordo di un razzo Ariane 5, sviluppato e costruito dall’Agenzia spaziale europea, capace di portare nello spazio un carico di oltre 20 tonnellate.

UN VIAGGIO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO – A bordo dell’Ariane 5, il James Webb è stato spedito verso il cosiddetto “punto di Lagrange L2”, un punto esatto, situato a un milione e mezzo di chilometri dal nostro pianeta, in cui le forze di attrazione gravitazionale della Terra e del Sole sono in perfetto equilibrio, così che un oggetto relativamente piccolo, come appunto il James Webb, può restare fermo in una posizione precisa, e da lì scrutare le profondità dell’Universo. E poiché la luce delle stelle ci mette un certo tempo per viaggiare nello spazio e arrivare fino a noi, guardare il più lontano possibile significa anche guardare indietro nel tempo. Ed è proprio questo lo scopo del James Webb: dare al genere umano la possibilità di guardare i limiti estremi dell’Universo e quindi osservare eventi che in realtà si sono verificati miliardi di anni fa, addirittura all’alba del Big Bang, cioè nel momento in cui l’Universo è nato. Insomma, questo incredibile telescopio, frutto del genio umano, ha viaggiato nello spazio per farci viaggiare nel tempo. Ma se ogni viaggio, anche il più stupefacente, inizia sotto le suole delle proprie scarpe, come è iniziato l’incredibile viaggio di questo prodigio della tecnologia umana?

LA PRIMA TAPPA – Partiamo con un dato essenziale: il James Webb è stato costruito per essere sparato nello spazio e resistere al vento solare, eppure, allo stesso tempo, è un oggetto fragilissimo. La lente con cui esplorerà l’Universo è formata da 18 pannelli esagonali di berillio ultraleggero ricoperti da una lamina d’oro, e tutta la struttura è messa al riparo dagli sbalzi termici grazie a uno scudo composto da cinque veli sottilissimi di alluminio e silicio modificato, spessi come un capello. Insomma, deve resistere nello spazio profondo ma è anche una struttura fragilissima, che nel trasporto ha dovuto essere protetta da ogni forma di contaminazione. Per assicurarsi questa protezione, i tecnici della NASA, l’Agenzia spaziale americana, hanno progettato una specie di sarcofago corazzato, l’STTARS (lo Space Telescope Transporter for Air, Road, and Seas). Così il James Webb in configurazione da trasporto, delle dimensioni di 10,5 metri per 4,5, con un peso di “sole” sei tonnellate, ha iniziato il suo viaggio protetto in un contenitore speciale, studiato per resistere a ogni tipo di calamità, dagli incendi a un eventuale naufragio, lungo 30 metri e pesante 70 tonnellate. Qui dentro ha volato su di un aereo cargo dagli stabilimenti della Northrop Grumman, in Virginia, nel Nord-Ovest degli Stati Uniti, fino all’aeroporto di Redondo Beach, in California. E qui, come in ogni trasporto che si rispetti, sono entrati in campo il nostro eroe camionista e la sua cavalcatura d’acciaio.

42 KM CON IL FIATO SOSPESO – Protagonisti assoluti della seconda tappa di questo incredibile viaggio sono stati un Peterbilt 579 del 2018, un bestione da 455 cavalli spinto da un motore Paccar MX13 da 12.900 cc, e soprattutto il suo autista: George Ardelean, 55 anni, metà dei quali passati alla guida di un camion della Lester Summers, un’azienda di trasporti fondata nel 1946 nella cittadina di Ephrata, in Pennsylvania. Parliamo di gente abituata a trasportare di tutto dappertutto, con una flotta gigantesca di camion e di veicoli speciali; uomini e donne che non hanno paura di nulla e che già in passato avevano collaborato con la NASA. Così sono stati proprio loro, con il “vecchio” George al volante, a caricarsi sulla schiena le 70 tonnellate dell’STTARS con dentro il suo preziosissimo contenuto. 42 chilometri, è stata questa la loro tratta. 42 chilometri su di un viaggio totale di un milione e mezzo di chilometri. Roba da niente, si potrà dire, ma sono stati 42 km fondamentali, quasi a passo d’uomo tra le strade dei sobborghi di Los Angeles, in direzione del porto di Seal Beach, dove il James Webb è stato imbarcato a bordo della motonave Colibrì, destinazione la Guyana Francese, per la terza tappa di questo suo viaggio dalla Terra allo Spazio: sedici giorni via mare, attraversando il canale di Panama, passando dalla costa del Pacifico a quella atlantica del continente americano.

IL CARICO PIÙ COSTOSO DEL MONDO – «Un collega mi ha detto: ma tu lo sai quanto costa quell’affare che hai sul rimorchio? – racconta George Ardelean, l’autista del Peterbilt, parlando di quei momenti. – Io ho risposto che non lo volevo sapere. Preferivo pensare di stare trasportando un carico di legname o qualcosa di altrettanto banale. Per non sentire tutta quella pressione». Come non essere d’accordo! Meglio non sapere che probabilmente ha trasportato un carico record, il carico più costoso mai trasportato da un essere umano, qualcosa che è costato 11,75 miliardi di dollari e che potrebbe essere fondamentale per il futuro dell’umanità. «Perché magari, con questo telescopio, scopriranno qualche pianeta simile alla Terra, dove mandare i nostri pronipoti – prosegue George sorridendo. – Magari sarà qualcosa che si studierà sui libri di scuola. Così forse anch’io sono entrato nella storia!». Potrebbe davvero essere così. Ed è bello, in tutta questa vicenda, scoprire che circa tre mesi dopo aver accompagnato il James Webb fino alla sua base di lancio in Sudamerica ed essere ritornato a casa, George ha ricevuto un invito del tutto inaspettato.

UN GRAZIE PER TUTTI I CAMIONISTI – «Il trasporto l’ho fatto a settembre – racconta ancora George. – A dicembre mi chiamano dalla NASA e mi dicono che c’è pronto un volo charter per portarmi fino in Guyana, per assistere alla partenza del missile con a bordo il telescopio! Hanno detto che era giusto che ci fossi anch’io!». È stato un bellissimo riconoscimento, da parte di grandi scienziati abituati a dare del tu all’infinito, nei confronti di un “umile” camionista. Perché senza gente come George, nessun progresso dell’umanità sarebbe possibile e perché – come dicevamo all’inizio – ogni viaggio, anche il più lungo, comincia sempre sotto le suole delle nostre scarpe… o sotto le ruote di un camion. Ed è una cosa che deve riempire d’orgoglio chiunque faccia questa professione.

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