In Brasile sulla rotta della Rodovia BR-163. Un’autostrada nata nel 1976 per unire il Paese ma che non è stata mai davvero completata, e che ancora oggi resta sospesa tra modernità e Medioevo… con in più lo spettro di nuovi pedaggi, insostenibili per i camionisti che la usano per il loro lavoro!

15 Agosto 2022 di redazione

C’era una volta la BR-163… un’autostrada brasiliana mitica, paragonabile allo Route 66 negli Stati Uniti, pensata per unire da nord a sud l’immenso Paese sudamericano: dalla cittadina di Tenente Portela, nello stato del Rio Grande del Sud, direzione Uruguay, fino a Santarém, nello stato del Parà: 3462 chilometri che nei sogni di chi l’ha progettata dovevano diventare 4426,7 km, fino all’estremo nord della nazione, al confine con il Suriname. Ma tra il dire e il fare, da queste parti, c’è di mezzo non il mare ma il fango. Il fango di una natura violentata con gli incendi e il disboscamento dell’Amazzonia, per un insensato progetto che vorrebbe trasformare la più grande foresta pluviale ancora esistente sul pianeta in uno sterminato pascolo per bovini da hamburger. Una natura selvaggia che però non ci sta a farsi mettere all’angolo e resiste e reagisce come può. Un ostacolo al progresso, potrebbe dire qualcuno. Ma quale progresso? Cerchiamo di capire meglio…

SOIA, MAIS E COTONE – Cominciamo col dire che la BR-163 è un’arteria strategica, soprattutto nei suoi 850 km centrali, che solcano il Mato Grosso, il cuore della produzione agricola brasiliana, con il record di produzione interna di soia, mais e cotone, e ancora poi fagioli, grano, canna da zucchero e la più grande mandria di bovini del Paese, con oltre 30 milioni di capi di bestiame al pascolo. Eppure, dalla sua costruzione nel 1976, vale a dire ormai 45 anni fa, la maggior parte di questa “autostrada” (tra molte virgolette) è rimasta priva di asfalto. In pratica si trattava di un nastro di terra battuta sempre pronto a trasformarsi in una distesa di enormi e insidiosissime pozzanghere di fango rossastro e appiccicoso, con voragini a volte così grandi e profonde da riuscire a intrappolare un autoarticolato tutto intero: trattore e rimorchio. I primi veri tentativi di modernizzare questo percorso arrivano solo nel nuovo millennio, con il progetto “Avanza Brasile” che poi, nel 2007, è stato sostituito dal “Progetto di accelerazione della crescita”. Nomi altisonanti che però nascondono un processo di risanamento esasperante per la sua lentezza.

C’È VOLUTO L’ESERCITO – «Quelli del Governo si sono inventati di tutto – sorride con un ghigno sghembo Alfonsino Péra, padroncino di Lucas do Rio Verde, uno dei grandi centri di produzione agricola della regione. – Il presidente Bolsonaro ha mandato un battaglione del genio dell’esercito per asfaltare la BR-163. Ma anche loro sono andati avanti per un po’ e poi si sono bloccati». Così la grande modernizzazione va avanti a macchia di leopardo: 191 chilometri tra Cuiabà, capitale del Mato Grosso, e Rondonópoli, altri 100 km verso sud, 151 km verso nord. Tratti raddoppiati, asfaltati e dotati di segnaletica orizzontale e verticale moderna, addirittura caselli di ingresso illuminati e automatizzati e poi, tra un pezzo e l’altro di modernità, ancora e sempre lui: il fango. «Il fango che ti ricorda che noi qui siamo ospiti – riprende Alfonsino. – La foresta c’era prima di noi e se continua così ci sarà anche dopo… O forse non ci sarà più la foresta e se hanno ragione gli ecologisti, non ci saremo nemmeno noi». Eppure, i camionisti di questa regione, più che il fango, quello che forse devono temere è proprio la modernizzazione del Paese. Ma com’è possibile? Perché mai non dovrebbero volere una bella strada asfaltata, senza buche e con tutte le comodità di una viabilità davvero moderna? Per capirlo è sufficiente scorrere le notizie di cronaca che rimbalzano sui giornali e sulle televisioni brasiliane…

UNA TRAPPOLA NASCOSTA – La verità è che lì dove non c’è l’asfalto il fango regna ancora sovrano e durante la stagione delle piogge sono dolori per tutti. Ancora nella scorsa primavera alcuni camionisti sono rimasti senza acqua e cibo dopo essere stati bloccati con i loro camion per più di una settimana, in un tratto di circa 50 chilometri in direzione dello Stato del Parà. Ci sono voluti gli agricoltori della zona, con i loro trattori, per liberare le motrici dalla morsa del fango, perché anche i mezzi dell’esercito, che pure in queste zone non mancano mai, erano rimasti impantanati. Il paradosso è che prima e dopo questi tratti sterrati, anche brevi se confrontati alla lunghezza complessiva della BR-163, le cose non andavano meglio. C’era l’asfalto ma si restava ugualmente fermi! È facile capire perché: sarebbe come andare da Milano a Roma avendo una palude al posto degli Appennini. È chiaro che se la parte centrale di una strada si blocca, tutto il traffico resta fermo. Così, i camionisti a monte e a valle hanno dovuto, anche loro, armarsi di santa pazienza. E anche loro hanno avuto nuovi pericoli da cui difendersi…

TRA GIAGUARI E BANDITI – «Mio nonno mi dice sempre di quando anche lui faceva il camionista sulle strade in Amazzonia – racconta Sebastian Coez, camionista mezzo indio e mezzo tedesco, come spesso si trovano da queste parti – Mi dice che quando era giovane, se gli scappava un bisognino, doveva stare attento ai giaguari, che ogni tanto si mangiavano un camionista, come prima, durante la costruzione della BR, si erano mangiati un po’ di operai. Adesso quelle bestie lì lungo la strada non si avvicinano nemmeno… Ma ci sono altri predatori da cui difendersi…». Questi nuovi “predatori” di cui parla Sebastian non hanno niente a che vedere con la natura selvaggia. Sono uomini e donne che vedono nei camion una preda da spolpare. Del resto qui lo sanno tutti, il Mato Grosso è sempre stato terra di banditi. «Prima – prosegue il nostro amico – buttavano un albero di traverso sullo sterrato, poi quando ti fermavi ti puntavano una pistola alla testa, ti legavano a un albero e ti saluto camion. Un mio cugino ci ha passato la notte, legato a un albero, ci si è pure addormentato. E quando si è svegliato c’erano tre ragazzini indio seduti sui talloni che se lo guardavano come se fosse uno spettacolo in tv!». Ma anche quei banditi “di una volta” non ci sono più. Adesso, con i nuovi posti di polizia di cui è disseminato tutto il territorio, anche loro sono spariti. Ma non sono cessati i furti. Semplicemente i criminali si sono organizzati in un modo diverso, anche loro sono diventati “moderni”.

CON IL RICHIAMO DEL SESSO – È di alcuni mesi fa la notizia di un gruppo di tre uomini e una donna che si erano organizzati per portarsi via i camion di passaggio senza fare troppo rumore. La donna faceva finta di essere una prostituta, saliva a bordo ma poi chiedeva di fermarsi per “andare in bagno”, ma al suo posto, quelli che tornavano in cabina erano i suoi complici, che si portavano via il camion e i camionisti, in modo che non potessero dare l’allarme. Il gruppo, che alla fine è stato arrestato e mostrato in tv (non tutti, il capo è riuscito a scappare), prima di essere fermato era riuscito a svuotare almeno cinque autoarticolati. Ma ancora, questo tipo di “disgrazie” possono essere affrontate. Se nessuno ci lascia la pelle, nella maggior parte dei casi l’assicurazione è sufficiente a limitare i danni. È un altro il pericolo della modernità. Un pericolo per il quale nessun camionista, forse in nessuna parte del mondo, è davvero pronto…

UN FUTURO DENSO DI NUBI – Il punto è che per chiudere in fretta la modernizzazione della BR-163, il Governo centrale si è affidato a una serie infinita di concessioni locali, ognuna impegnata a chiudere il prima possibile il proprio tratto per cominciare a guadagnarci su, ovviamente attraverso i pedaggi. Il risultato è che quella che un tempo era una direttrice complicata, a tratti difficile ma anche decisamente economica, oggi è diventata un susseguirsi infinito di caselli autostradali, ognuno con il proprio costo, e una delle concessioni più importanti, esattamente gli 850 km in Mato Grosso, attualmente in mano alla Rota da Oeste, la “Strada dell’Est”, sta per essere riassegnata, ma uno studio di fattibilità economica ha sottolineato che per rendere questa concessione remunerativa, i pedaggi dovrebbero salire del 165%. In pratica si arriverebbe, tra andata e ritorno, a 1620 Real, pari a 255 euro. Un’enormità, se si pensa che lo stipendio medio in Brasile è di 1770 Real (277 euro). E, come se non bastasse, la modernizzazione ha portato anche lì in Brasile il cronotachigrafo e nuove leggi sui turni di lavoro e riposo, leggi sacrosante, perché prima qui i camionisti guidavano fino allo stremo e spesso ci lasciavano la pelle, ma anche fermarsi e riposare ha un costo e se a questo si aggiunge la recentissima, anche in Sudamerica, impennata del prezzo del gasolio, ecco che la frittata è fatta.

ERA MEGLIO IL FANGO «Prima c’era il fango – ci ha salutati Alfonsino Péra salendo in cabina – ma qui, con questi costi che continuano a salire, c’è il rischio che avremo una strada bellissima ma nessun camion. E sai che ti dico: meglio il fango che niente!». È questo il saluto amaro di un collega lontano che guarda al futuro con preoccupazione. Forse esagera, ma come si fa a non capirlo? E allora anche a noi, in quest’ansia di modernizzazione, ci viene da tifare per la foresta, che se lo rimangi tutto questo nastro d’asfalto, lasciando ad Alfonsino il suo lavoro e a noi, così distanti, il sogno di una strada nella foresta, tra indios e giaguari, ancora oggi affascinante e avventurosa.

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