Quasi 4.200 km in Brasile, per un trasporto eccezionale che si decide tutto in 500 metri, sulle sponde di un fiume in Amazzonia, nel cuore della giungla

12 Dicembre 2022 di redazione

Di Vincenzo Perrone

Ogni trasporto eccezionale nasconde delle insidie e la bravura di chi se ne occupa sta proprio nel saperle prevedere, in modo da ridurre al minimo gli imprevisti. Ma cosa si può fare, quando la strada che devi affrontare può modificarsi da un momento all’altro, per una pioggia o per uno smottamento? Come si fa a controllare l’incontrollabile? È stata questa la sfida affrontata dalla Megatranz, in Brasile, per un trasporto eccezionale che ha fatto scuola. Il trasporto di cui parliamo partiva dalla cittadina di Canoas, nel sud del Brasile, a pochi chilometri dalla costa atlantica, per puntare verso la centrale idroelettrica di São Manoel, nel cuore dell’Amazzonia. Un viaggio di 3.000 km per un veicolo normale, che sono diventati 4.190 considerando le deviazioni necessarie per trovare le strade adatte al passaggio di un trasformatore elettrico da 200 tonnellate, posizionato su un convoglio di 50 metri di lunghezza, per 5 di larghezza e 10 di altezza, composto da un Actros 4160 8×8 con semirimorchio a 24 assi Scheuerle, al quale in alcuni tratti era accoppiato un secondo trattore Volvo per la spinta da dietro. Tutto questo fino alla cittadina di Alta Floresta da dove, poi, è iniziato un trasporto completamente diverso…

MOSTRO 6×6 – Il percorso da Canoa ad Alta Floresta era solo la prima tappa: un tratto di 4.000 km percorsi in 40 giorni, lungo ma tutto sommato “facile”, perché le strade erano asfaltate. Ma da Alta Floresta, l’ultimo posto “civilizzato” prima dell’Amazzonia, la musica è cambiata. «Per affrontare gli ultimi 100 km abbiamo dovuto cambiare pelle – racconta Thomas Weitman, capo spedizione della Megatranz – Anche perché dovevamo attraversare un fiume, su un traghetto troppo piccolo per un convoglio di 50 metri». E anche l’Actros, perfetto sull’asfalto, aveva bisogno di un sostituto più “muscoloso”. Così, per ridurre il convoglio a “soli” 30 metri e avere più potenza, il semirimorchio è diventato un 12 assi con Power Booster Scheuerle, e per la motrice è apparso un mastodontico Kenworth C500 6×6 da 1.000 cavalli. Un bestione che consuma come un carrarmato: quattro litri per km. L’unico che poteva assicurare la giusta trazione. Così, dopo altri quattro giorni di preparazione, necessari anche per spostare il trasformatore da un semirimorchio all’altro, finalmente è partita la seconda tappa di questo epico viaggio.

PERICOLI NASCOSTI – Il secondo tratto ha visto entrare in campo l’esperienza di Josè Mainho, un “vecchio” autista in pensione, che la Megatranz chiama quando il gioco si fa veramente duro. Mentre la truppa controllava ogni singolo bullone del convoglio, lui era già lungo la strada, per supervisionare il percorso e soprattutto i nove ponti presenti prima dell’arrivo al fiume. «Questi ponti non sono costruzioni primitive, realizzate con enormi tronchi e assi di legno, ma fortunatamente sono solidi – racconta Josè. – Andava peggio sulla strada. C’erano troppe buche». Un problema affrontato grazie a un poderoso Caterpillar, chiamato a rimestare e livellare il fondo stradale nei tratti più proble matici. Ma anche dopo questo passaggio, si è andati avanti a passo d’uomo, controllando ogni sasso, in modo da evitare quello che gli stessi uomini della Megatranz avevano dovuto affrontare solo sei mesi prima, con un trasporto del tutto identico, finito malissimo.

L’IMPORTANZA DELL’ESPERIENZA – «Stavamo trasportando un altro trasformatore – racconta ancora Thomas Weitman. – Abbiamo preso una buca di troppo e siamo finiti fuori strada. Un incidente costato milioni di dollari. Dopo quella botta, il trasformatore era da buttare. Così l’abbiamo fatto a pezzi per recuperare le materie prime. In pratica è stato riciclato». Un’esperienza durissima, che però ha insegnato tanto. Ed è anche grazie a questo che sono arrivati alla terza e ultima, decisiva tappa: il passaggio del fiume. «Lo sapevamo fin dall’inizio – ricorda Josè Mainho. – Dopo 4.000 km tutto si giocava in 500 metri, la distanza tra le due rive del Teles Pires, l’affluente del Rio delle Amazzoni che ci separava dalla nostra destinazione finale». Le notizie non erano buone. La mancanza di piogge aveva reso più solida la strada sterrata ma aveva abbassato il livello del fiume, rendendo più pericoloso l’imbarco. Per questo, prima di procedere, sono stati chiamati uno scavatore per dragare il punto di attracco e un bulldozer per compattare l’argine. Poi, per primo, è stato caricato il Kenworth, per fare una prova e per avere la sicurezza di una motrice funzionante per scaricare il trailer sull’altra riva. Poi è toccato al trailer. «Quando l’abbiamo messo in moto, abbiamo pensato tutti: o la va o la spacca!» racconta Weitman. Il carico del trailer è problematico. Quando la prima metà del semirimorchio, spinto dal suo sistema di guida autonomo, era a bordo, il traghetto si è abbassato pericolosamente, inclinando e sollevando la rampa di accesso. «Quando mancavano cinque assi per completare il carico ho fermato tutto – ricorda il “vecchio” autista Josè Mainho. – Si era creato un gradino di 10-15 centimetri e ogni asse, per salire a bordo, spingeva al largo il traghetto! Eravamo a un passo dal disastro!».

UN TERRIBILE INCIDENTE – In quegli istanti, tutti hanno ricordato un altro incidente, avvenuto in quello stesso posto meno di un anno prima, quando un autoarticolato carico di grossi tubi di ferro aveva spinto via il traghetto, finendo giù dall’argine. L’autista si era salvato per un pelo, saltando giù dall’abitacolo! Ma a differenza di quella volta, gli uomini della Megatranz avevano una tecnologia in più. «Quel trailer è come un millepiedi – racconta Deonisio Bizzera, il tecnico incaricato di manovrare il semirimorchio con il suo remote control. – Ogni asse può essere sollevato in modo indipendente. Così, al momento di passare sulla rampa, uno per uno, abbiamo sollevato gli assi e siamo passati sopra il gradino, senza forzare e senza spingere». Una soluzione brillante, che ha permesso di concludere il carico senza incidenti.

GUARDANDO AL FUTURO – E dopo, finalmente, tutti hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. Certo, un trasporto di questo genere è come la finale di un campionato mondiale, la partita non è finita fino a quando non è davvero finita, e una distrazione, anche al novantesimo minuto, può essere fatale. Ma gli uomini della Megatranz queste cose le sanno benissimo, sono abituati a dare il massimo, in luoghi selvaggi che la maggior parte degli abitanti del pianeta nemmeno immaginano che esistano. Così, gli ultimi 10 km sono filati via lisci, senza altri problemi, e alla fine tutti sono stati felici di quello che avevano fatto, contribuendo, con il loro lavoro, alla modernizzazione del loro Paese. Sempre pronti a ripartire per una nuova impresa.

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