16 Marzo 2021 di Alessandro Bottero

Camionisti rapiti, camion svaniti nel nulla e banditi travestiti da poliziotti: in Messico la paura viaggia in autostrada e ognuno si difende come può…

STRADE DI FUOCO

El Flaco (nome di fantasia) ha paura, per questo ci chiede di non fotografarlo. Le sue mani sono contratte sul volante e lo sguardo va di continuo verso lo specchietto retrovisore, per controllare chi ci segue. Sono passati quasi due anni da quando è stato rapito, strappato dalla cabina del suo camion da banditi travestiti da agenti di polizia. «Mi hanno picchiato e infilato la canna della pistola in bocca. “Se ci guardi ti uccidiamo”, dicevano. Poi mi hanno bendato e mi hanno buttato nel cassone di un pick-up. Non so dove mi hanno portato… si sentiva musica cubana a tutto volume… Prima mi piaceva quella musica, adesso la odio». Intanto, mentre El Flaco veniva tenuto in ostaggio, i complici dei suoi rapitori, con tutta calma, gli smontavano il camion, un Peterbilt del 2010, e piazzavano sul mercato nero il suo carico di smartphone e televisori. «Dopo tre giorni la musica si è interrotta… così, dopo qualche ora di silenzio ho preso coraggio. Mi sono tolto la benda e non c’era più nessuno… Insomma, mi hanno lasciato andare». Da allora viaggia con un machete «Ma lo devo tenere nascosto – aggiunge, dando un’altra occhiata al retrovisore – perché se lo trova la polizia, sono io quello fuorilegge».  

UNA SITUAZIONE DISPERATA

La storia del Flaco racconta la terribile normalità della maggior parte dei camionisti in Messico, un paese in cui i camion si muovono spesso in convoglio, come i militari nelle zone di guerra, cercando di proteggersi l’uno con l’altro. È una precauzione che sembra servire a poco, visto che negli ultimi anni le rapine ai camion sono arrivate a quasi 3000 l’anno, mentre gli atti di violenza e i furti “minori” nei confronti degli autotrasportatori sono circa 12 mila l’anno: 33 al giorno, tutti i giorni! Alcune aziende hanno organizzato scorte armate per proteggere le loro merci, altre – soprattutto quelli che trasportano beni di lusso – hanno cancellato scritte e marchi dai camion. Altre ancora hanno investito in tecnologie di geolocalizzazione, aumentando le comunicazioni con le autorità di polizia. Ma nelle zone più pericolose del Paese, tutto sembra inutile…

PROTEZIONI DALL’ALTO…

«Su alcune strade – racconta José Munoz, camionista di Tehuacàn, facendosi più volte il segno della croce – puoi solo raccomandarti l’anima a Dio e accendere un cero a Nuestra Señora de la Santa Muerte. Io faccio avanti e indietro tra Città del Messico e il porto di Veracruz, una strada maledetta. Sono stato rapinato solo una volta, mi hanno bloccato con un pick-up e hanno sparato una raffica di kalashnikov per fermarmi. Sono stato fortunato… hanno sparato in aria». Scene simili si ripetono praticamente tutti i giorni sulle strade che collegano la capitale con i principali porti del Golfo del Messico e del Pacifico. In queste zone, le statistiche sono devastanti: è quasi certo che un camionista su due sarà derubato. E anche in mancanza di dati ufficiali, si sa che le assicurazioni pagano circa 100 milioni di dollari ogni anno per rifondere le ditte colpite dalla criminalità. E bisogna anche ricordare che da queste parti solo un carico su tre viene assicurato, perché per tutti i padroncini il costo delle assicurazioni è troppo alto.

(Parte 01 – parte 02)

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