“È un mezzo oscuro e un po’ tetro, che certo mette un po’ in agitazione, ma ha anche un fascino insinuante, che lo rende un caso particolare e che, nelle aree di servizio, attira tanta attenzione e molte foto fatte con il telefonino”. Continua il nostro incontro con il Volvo S650 di Enrico Aloisi
ESTERNI DA PAURA
A sinistra, in una fosca atmosfera da cimitero, si vede una creatura maligna che suona il violoncello con una falce al posto dell’archetto. Tutto intorno ci sono lapidi e croci di tombe, che emergono dalla nebbia. Dall’altra parte, c’è ancora quell’oscuro cimitero, ma vicino allo sportello c’è un altro angelo con le ali bianche, spiegate, un cappuccio che copre il viso e una spada che sembra piantata nella roccia. Attenzione, però, la lapide davanti all’angelo porta il simbolo del V8. Che cosa significa? «Qualcuno – ride Enrico – ci ha scherzato su, perché questo camion dice: chi non ha un V8 deve andare a sotterrarsi. Naturalmente è una battuta, però è vero che io sono interessato all’aspetto più tenebroso della vita. E poi, se vuoi intimorire qualcuno, questo è certamente il modo migliore!».
IL RITORNO DELL’ANGELO OSCURO
Però, sul parabrezza, c’è una scritta che salta subito all’occhio: Dark Angel Revenge. Di che vendetta si tratta? «Non è una vendetta – risponde Aloisi – è un ritorno. A un certo punto, ho dovuto vendere quel mio primo R560 su cui avevo fatto fare un angelo nero che mi piaceva molto: avevo preso mezzi nuovi e non potevo lasciarlo lì, sul piazzale, a non fare niente. Però, subito dopo, mi sono pentito e ho provato anche a ricomprarlo. Purtroppo non ci sono riuscito e allora, quando ho decorato questo S650, ho pensato a quel vecchio camion. E, con le aerografie di Zanardi, è come se fosse tornato davvero e stesse ancora con noi.
FARE SEMPRE MENO
C’è ancora un dettaglio da mettere in evidenza: in origine, lo Scania di Enrico era bianco. «Io lo volevo grigio – spiega – ma per un problema che è capitato al concessionario, ho dovuto prendere questo che aveva un colore che non mi convinceva. Così, ho deciso di farlo grigio lo stesso, dandogli un colore scuro in basso e, schiarendo tutto mentre si sale verso l’alto. In questo modo, ho cercato di avere un effetto ancora più vigoroso, perché si vola verso l’alto e verso il bianco: un po’ come partire dalle tenebre per arrivare alla luce. Poi, ho deciso di mettere una barra verniciata in nero sul tetto con sei batterie di led, una tabella spessa, all’olandese, con il nome dell’azienda, e un bel parasole. Non ho fatto altro, perché prima mi piacevano lo stile meridionale e l’acciaio, adesso invece mi sono convinto che devo fare sempre meno. È un po’ come fanno gli olandesi, che stanno diventando sempre più rigorosi».