Il convegno “Zerogradi – il freddo sostenibile: la catena del freddo, dal produttore al consumatore” organizzato a Legnano da Tforma e promosso da Lamberet, con la collaborazione di DAF e Volkswagen Veicoli Commerciali, è stata un’occasione interessante, perché ha messo in evidenza i problemi di una filiera molto importante, e molto difficile da controllare, che riguarda gli alimenti e i medicinali.

UNA CATENA DA CONTROLLARE

Trasportare a temperatura controllata vuol dire ridurre al minimo gli “shock logistici”, cioè quelle variazioni di temperatura che si verificano durante il trasporto, in modo da difendere e preservare la qualità degli alimenti. Ma sarebbe un errore guardare i prodotti conservati in frigo solo come un problema del trasportatore, perché si tratta di tenere d’occhio un’intera filiera, che parte dal produttore e arriva fino al consumatore finale. Una catena che deve assicurare la giusta temperatura di conservazione dei prodotti nella fase di produzione, in quella di stoccaggio in piattaforme refrigerate, fino ai magazzini di vendita e ai frigoriferi dei consumatori passando, infine, per il trasporto.

L’UTENTE FINALE

Per parlare di “catena del freddo” si deve partire dal consumatore, che dovrebbe sempre essere garantito dai precedenti “anelli” della catena (produttori, trasportatori e commercianti). E, per guardare il problema da un punto di vista diverso, è intervenuto uno chef, che è anche lui un utente finale e che ha parlato con chiarezza: «Non posso scegliere… – ha dichiarato – io sono obbligato ad avere fiducia in tutta la filiera, perché non posso fare controlli in prima persona». Ma non basta, perché non è solo questione di certificazioni, c’è anche di più: i trasporti green. Convengono o sono solo un costo?

GREEN VUOL DIRE INVESTIMENTI

Donatella Prampolini, commerciante e vicepresidente di Confcommercio, ha spiegato che essere green, o comunque servirsi di fornitori certificati, ha un costo elevato che non sempre può essere affrontato. E poi, chi riceve la merce si aspetta che nei “passaggi precedenti” siano stati fatti tutti i controlli necessari, e invece spesso le verifiche “saltano”. Il tema dei costi è stato ribadito anche da Simona Ubbiali, di FAI, e dirigente di Brivio & Viganò: «Essere green lavorando nel freddo – ha detto – vuol dire investire in ricerca, in personale, in formazione, perché è una responsabilità sociale. E questo ci obbliga a spendere tanto in un’epoca con margini di guadagno ridottissimi». Insomma, certificazioni e controlli sì, troppe spese sui trasporti green no.

IL PARERE DEI COSTRUTTORI

Ma c’è anche il punto di vista dei costruttori. Paolo Starace, A.D. di DAF Veicoli Industriali, ha detto: «DAF investe per offrire un futuro pulito anche se, a oggi, non c’è nessuna rispondenza tra ricerca e domanda di mercato. Stiamo lavorando nella speranza di “intercettare” il business nel futuro. Ci vorrebbe un intervento deciso delle istituzioni, per favorire l’acquisto dei nuovi veicoli. Sennò, perché un’azienda dovrebbe acquistare un veicolo elettrico che costa tre volte un diesel?». Che è come dire: c’è poco da fare, il progresso punta in quella direzione e noi ci troveremo tutti a fare i conti con questa realtà, ma intanto la strada è lunga…

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