Novità sulla produzione dell'idrogeno. Il progetto HOPE di Lhyfe trasforma l'acqua di mare in idrogeno, processo promettente e interessante.

26 Settembre 2023 di Redazione

Lo dicono in molti: l’unica soluzione green per l’autotrasporto è l’idrogeno, ma la sua produzione è ancora troppo costosa e non è per nulla ecologica… Però adesso ci sono delle belle novità.

In pratica si è creato un paradosso: l’idrogeno potrebbe essere la soluzione all’inquinamento da combustibili fossili, ma l’idrogeno, che una volta usato produce come emissioni solo aria e acqua, in realtà, per essere prodotto, è decisamente inquinante. Quindi tutti i vantaggi ecologici si azzerano, a meno che non si utilizzi idrogeno verde, ossia un idrogeno che per la sua produzione usa solo energie rinnovabili. Ebbene, forse finalmente abbiamo la soluzione, grazie al progetto HOPE, una parola che in inglese significa “speranza” ma che è anche una sigla: “Hydrogen Offshore Production for Europe”, ossia “Produzione di idrogeno in mare aperto per l’Europa”. Vediamo di cosa si tratta…

La prima fase del progetto HOPE, con la piattaforma di produzione a 1 km dalla costa e le pale eoliche a terra. Adesso la piattaforma è stata posizionata a 20 km dalla costa e anche le pale eoliche sono in mare aperto.

Leader mondiale

Il progetto HOPE è stato annunciato a fine giugno da Lhyfe, azienda francese leader mondiale nella produzione di idrogeno verde da fonti rinnovabili. Il progetto ha visto il posizionamento in mare, nell’Oceano Atlantico, al largo della cittadina di Le Croisic, in Francia, di una piattaforma collegata a una turbina eolica galleggiante da cui ricava l’energia necessaria per alimentare il processo elettrochimico che trasforma l’acqua di mare in idrogeno… E la magia ha funzionato, con la produzione dei primi chili di idrogeno assolutamente ecologico. Detto in altre parole, Sealhyfe rappresenta un passo storico verso un nuovo modello di energia pulita e totalmente indipendente, un passo a cui tutto il mondo guarda, con la speranza che sia solo l’inizio per una produzione su larga scala di H2 a emissioni zero.

Il paradosso dell’idrogeno: il suo utilizzo è a emissioni zero, tuttavia la sua produzione è molto inquinante. Su questo paradosso sta lavorando il progetto HOPE.

Obiettivo raggiunto

Nel lanciare questo, che è a tutti gli effetti il primo progetto pilota al mondo per la produzione di idrogeno offshore, Lhyfe ha voluto dimostrare la fattibilità tecnica dell’operazione e, al tempo stesso, acquisire una preziosa esperienza operativa che tornerà immediatamente utile per lo sviluppo di un progetto che sembra destinato ad allargarsi rapidamente. Per centrare questi obiettivi, l’azienda ha scelto volontariamente di operare in condizioni particolarmente difficili, posizionando la sua piattaforma Sealhyfe a 20 km al largo della costa francese, in una zona di oceano soggetta al transito delle perturbazioni atlantiche. Per questo, prima di posizionarla in mare aperto, la piattaforma Sealhyfe, che ha una superficie di meno di 200 metri quadrati ed è in grado di produrre fino a 400 chilogrammi di idrogeno al giorno, è stata ormeggiata al Quai des Frégates, nel porto di Saint-Nazaire, dove è rimasta sotto osservazione per ben otto mesi. E i test eseguiti in banchina hanno ridotto al minimo la necessità di interventi di manutenzione in mare aperto. Anche grazie a questo, tutti gli obiettivi sono stati raggiunti.

Un futuro a emissioni zero?

I prossimi passi

Come logico seguito a questa prima fase, Lhyfe ha appena annunciato che il progetto HOPE è stato selezionato dalla Commissione europea nell’ambito della European Clean Hydrogen Partnership e per questo ha ricevuto un contributo di 20 milioni di euro. Si entra dunque in una nuova fase operativa, che mira alla produzione su larga scala di idrogeno verde – si parla di quattro tonnellate al giorno – e alla sua commercializzazione. L’idrogeno prodotto in mare sarà portato fino a terra tramite un gasdotto, per essere poi compresso e consegnato ai clienti finali. Insomma: forse il futuro è davvero dell’idrogeno, quello che però ci lascia perplessi è la totale assenza dell’Italia da tutta l’operazione, che vede invece coinvolti altri otto partner europei provenienti da Paesi Bassi, Belgio, Francia, Portogallo e Germania. Speriamo non sia l’ennesima occasione persa.

Saranno queste le “raffinerie” di domani?

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