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Mancano gli autisti. Ma adesso c’è un piano

Redazione by Redazione
29/09/2023
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Mancano gli autisti. Ma adesso c’è un piano
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IRU e ITF, le due principali organizzazioni mondiali del settore hanno individuato tre punti base per risolvere la questione. Ecco che cosa bisogna fare.

La questione della carenza di autisti nell’autotrasporto (non solo quello italiano) sta particolarmente a cuore alle principali associazioni internazionali del settore. IRU, l’International Road Transport Union, che rappresenta oltre 3,5 milioni di operatori nel mondo, ha già pubblicato diversi studi e report in materia, facendosi più volte portavoce del problema. ITF, l’International Transport Workers’ Federation, rappresentativa di oltre 18,5 milioni di lavoratori del settore nel mondo, è direttamente coinvolta, come forse nessun’altra.

Secondo i dati di Uomini & Trasporti, negli USA mancano 230.000 autisti, in Polonia 100.000, in Germania 60.000 e in Italia, nei prossimi due anni, ne mancheranno 17.000.

I tre punti

Le due organizzazioni pubblicano un piano rivolto in particolare alle Nazioni Unite, ai governi e al mondo dell’industria. Questi sono i 3 punti principali del documento preparato da IRU e ITF:
1) All’ONU e alle organizzazioni internazionali si chiede di sviluppare un quadro globale con linee guida chiare per proteggere i conducenti non residenti, migliorare le condizioni degli autisti e aumentare la coesione sociale. Si tratta di armonizzare gli standard di qualificazione e il riconoscimento transfrontaliero.
2) Ai governi nazionali si chiede di modificare e applicare le procedure di immigrazione per motivi di lavoro in modo da proteggere i conducenti non residenti, ridurre la burocrazia per consentire un’immigrazione legale più agevole per i conducenti attuali e potenziali, promuovere il riconoscimento delle qualifiche di Paesi terzi attraverso accordi bilaterali, investire e aumentare l’applicazione delle leggi e dei regolamenti in materia di trasporto su strada, sovvenzionare i programmi di formazione e di integrazione nazionali.
3) Infine, agli operatori dell’autotrasporto si chiede di sviluppare programmi di integrazione per gli autisti non residenti, affinché ricevano le stesse condizioni della forza lavoro nazionale, e di sostenere i processi di formazione, gestione delle competenze e certificazione.

Un lavoro da immigrati? Le due grandi organizzazioni chiedono attenzione anche per gli “autisti non residenti”, cioè immigrati, che non garantiscono la qualità del servizio.

Sia IRU che ITF la vedono così

«La carenza di autisti sta rapidamente sfuggendo al controllo – ha commentato il Segretario Generale dell’IRU, Umberto De Pretto – e bilanciare la domanda e l’offerta di lavoro globale attraverso semplici misure per facilitare l’immigrazione legale e fermare lo sfruttamento dei conducenti non residenti è un modo per risolvere il problema, sostenere il lavoro dignitoso e mantenere i servizi vitali di trasporto su strada».

Nelle nuove generazioni manca la passione! Una volta, il ricambio generazionale avveniva dalle stesse famiglie dei camionisti, con i figli che ereditavano la passione dei padri. Oggi non succede più.

In sostanza, IRU e ITF non sembrano credere nella possibilità di conquistare autisti nazionali all’autotrasporto europeo, ma sembrano piuttosto voler favorire l’immigrazione di manodopera straniera. Ma è giusto fare così?

Stephen Cotton, Segretario Generale ITF, ha aggiunto: «I governi, i datori di lavoro del settore dei trasporti e le multinazionali clienti del settore devono collaborare con i sindacati per creare opportunità per un lavoro dignitoso e per porre fine alla carenza di autisti. Il trasporto su strada sarà in grado di attrarre e trattenere i conducenti solo se sarà costruito sulla base della cooperazione tra tutte le parti interessate, in modo da garantire agli autisti buone condizioni di lavoro e autentiche tutele sociali».

In questa dichiarazione si parla un po’ meno di immigrazione, ma non si indicano le vere leve con le quali favorire il ripristino dell’appetibilità della professione di autotrasportatore.

Migliorare le condizioni di lavoro, subito! E’ giusto richiedere migliori condizioni per tutti, perché i sacrifici di un mestiere difficile si possono affrontare in cambio di stipendi adeguati.

La diagnosi

Se, sul piano internazionale, questi interventi potranno raccogliere numerose adesioni, i problemi restano, almeno fino a quando i diversi governi non prenderanno atto che non si tratta solo di capire perché non ci sono più autisti, ma che cosa si può fare per rendere di nuovo attrattiva questa professione. Se vogliamo renderci conto del perché nessuno vuol più mettersi al volante di un camion, basta fare qualche domanda in giro. I motivi li conoscono tutti:

  1. I compensi sono più bassi di quanto si creda.
  2. L’immagine della professione è carente.
  3. Gli orari di impegno sono lunghissimi.
  4. La carenza dei servizi nelle aree di sosta rende spiacevole fermarsi.
  5. Le condizioni di lavoro stressanti creano problemi di salute o in famiglia.
E’ vita questa? Tra i motivi che allontanano i giovani dalla professione, c’è anche la mancanza di infrastrutture, che rende la penosa la vita degli autotrasportatori.


Ma, se passiamo all’aspetto propositivo, che cosa bisogna fare?

Che cosa fare

La risposta è semplice: ci vogliono più soldi, più considerazione per il lavoro degli autisti e tempi di recupero più ampi. È un argomento che rende meno produttivi gli autisti, che lavorano meno e costano di più, ma è anche vero che si tratta dell’unica possibilità per incoraggiare i giovani a intraprendere un mestiere difficile, faticoso e che, al momento, offre solo disagi e solitudine.

Le soluzioni al problema ci sono: l’aumento dei compensi, una maggiore considerazione e tempi di recupero più lunghi.
Tags: autisti camionautotrasportoIRUITF
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