Il 5 luglio scorso, il “Pacchetto Mobilità”, che doveva riformare l’autotrasporto continentale, non ha trovato un accordo generale

1 Agosto 2018 di redazione

Pacchetto mobilità 

Il 5 luglio scorso, il “Pacchetto Mobilità”, che doveva riformare l’autotrasporto continentale, non ha trovato un accordo generale e le modifiche elaborate dalla Commissione Trasporti del Parlamento Europeo sono state respinte e rispedite alla stessa Commissione. È un episodio importante e che dev’essere approfondito.

Il cosiddetto “Pacchetto Mobilità” proponeva nuove regole sui tempi di guida, sul cabotaggio stradale e sul distacco internazionale, e aveva creato un forte scontento dei sindacati e delle associazioni dell’autotrasporto di mezza Europa. Infatti, il 30 maggio scorso, a Strasburgo, c’era stata una manifestazione cui avevano partecipato lavoratori provenienti da Italia, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna. Perché un’opposizione così forte? Perché ai camionisti non venivano diminuite le ore di guida e non si garantivano condizioni di riposo soddisfacenti. Inoltre, non si parlava nemmeno della tracciabilità delle assunzioni e delle retribuzioni degli autisti, che rappresentano un’arma contro  il dumping sociale. Nonostante tutto, però, il “Pacchetto Mobilità” è arrivato in aula.

Il motivo è che, dietro, ci sono quattro Paesi (Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria) che, grazie anche ai finanziamenti comunitari (miliardi di euro!) hanno visto crescere l’importanza del loro autotrasporto e, con il distacco transnazionale degli autisti, hanno messo in crisi l’autotrasporto europeo. Tanto che solo da noi hanno chiuso 26 mila imprese di autotrasporto. 

A questo punto, possiamo ancora essere ottimisti? Certo è difficile, perché un gruppo di Paesi compatti e decisi sta mettendo in difficoltà un’altra parte d’Europa (che, tra l’altro, li finanzia con aiuti a cascata). Ma il Parlamento europeo ha fermato tutto e, almeno per il momento, ha dimostrato di avere anticorpi sufficienti. In ogni caso, però, il dubbio che noi paghiamo e che i furbi si fanno pagare e intanto lavorano per metterci in crisi non ce lo leva nessuno!

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