9 Luglio 2015 di staff

Arrivano nuovi e interessanti sistemi di assistenza alla guida, che però ci invitano a riflettere sulla professione…

Una volta, i filosofi si domandavano se le macchine potevano liberare l’uomo dalla schiavitù del lavoro o se, invece, potevano rendere ricattabili i lavoratori.
Oggi, quel dibattito ha perso senso e lo affermano Andrew McAfee ed Erik Brynjolfsson, ricercatori del MIT (la più grande università tecnologica americana).
Il nuovo trend è la creazione di macchine “che fanno” in modo da lasciare agli uomini solo il compito di pensare.
Insomma, domani le macchine faticheranno e gli uomini faranno solo la parte più creativa e affascinante del lavoro. Naturalmente, questo futuro “meraviglioso” riguarda anche il mondo dei trasporti, che – come vi raccontiamo nel servizio di copertina – sta per sfornare sistemi di assistenza alla guida nuovi e molto interessanti.
Possiamo pensare che, prima o poi, nei camion come negli aerei avremo un “pilota automatico”?

Forse sì e questo può far venire i brividi. Ci immaginiamo camion che sfrecciano sull’autostrada senza nessuno alla guida?
Che si fermano e ripartono senza l’intervento dell’autista?
Come vi abbiamo già raccontato in passato, qualcosa c’è già e fa parte della realtà in cui siamo immersi. Ma, proprio per questo, viene da domandarsi:
l’autista è una professione “a tempo”? La risposta è no!

Il comandante di un aereo usa il pilota automatico in fase di crociera, perché, quando è inserito, lo libera dall’obbligo di una guida attenta, ma quando decolla o atterra, deve per forza riprendere i comandi, almeno in semimanuale.
Andrà così anche per gli autisti.
Nessuno è ancora riuscito a inventare tecnologie intelligenti e, invece, per guidare un truck a pieno carico, di intelligenza ce ne vuole molta.
Servono fiuto, esperienza, capacità di prevedere quello che non è ancora percepibile.
Una macchina registra gli eventi, “l’occhio” dell’esperienza vede molto più lontano di qualsiasi sensore laser e questo lo sappiamo perché l’esperienza di tutti i giorni ce lo conferma.
E poi una macchina non si fermerà mai ad aiutare un collega, perché un processore, è banale dirlo, non ha sentimenti.
E poi, chi parla con i clienti?
Chi scova un indirizzo che non c’è su nessuna mappa?

Sembra davvero difficile pensare che saremo soppiantati dalle macchine.
Insomma, possiamo stare tranquilli che, finché ci sarà qualcosa da trasportare,
noi saremo indispensabili.
Però, la tecnologia ci può migliorare la vita, può garantirci maggiore sicurezza, minori consumi e può consentirci una guida più rilassata.

Chi ha davanti a sé ancora molti anni di strada potrà forse lavorare con meno stress e magari, se le macchine registrano gli orari effettivi di lavoro, con più giustizia e riconoscimento del proprio impegno.

È un tema su cui vale la pena ragionare tutti assieme.
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Il mondo cambia intorno a noi e dobbiamo parlarne e confrontarci.
Buona strada!
Il direttore

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