19 Ottobre 2014 di redazione

A volte si è talmente addentro a un meccanismo che si perde la coscienza di sé. Ne hanno parlato in questi giorni anche tutti i giornali: ci riferiamo a un’abitudine un po’ vanitosa e un po’ sciocchina della nostra epoca, quella di fotografarci in ogni momento e in ogni situazione e di postarci sui vari social network. C’è chi dice che questa mania del “selfie” nasconda seri problemi psicologici. Noi pensiamo semplicemente che a volta si perda di vista la coscienza di sé e una visione lucida della situazione in cui ci si trova: a volte basterebbe chiedersi a quanti, dei 500 amici o presunti tali che abbiamo, può interessare il panino che stiamo per addentare o sapere che siamo per l’ennesima volta imbottigliati nel traffico o che ci siamo sporcati le scarpe in cantiere. In un senso molto più positivo si perde la coscienza di sé anche quando si ama troppo un lavoro, e si finisce per dire sempre sì, per accettare condizioni umilianti e suicide solo per paura di essere costretti a fermarsi, e non ci si accorge che a volte stare fermi costerebbe meno, in termini di quattrini e di energie, che a volte dire no è la cosa più sana e più giusta che si possa fare. Questo mese a lanciare questo messaggio, che darà fastidio a tanti, è Giuseppe Richichi, Presidente dell’Associazione Imprese Autotrasporti Siciliani, che ha il coraggio di dire che tutta questa frammentazione del settore non porterà a niente di buono, che di aziende e aziendine ce ne sono moltissime, di cui troppe fuori legge, e che un intervento radicale farebbe bene al settore. Sono parole dure da accettare, ma a volte è onesto fermarsi e chiedersi se valga la pena andare avanti, perlomeno a certe condizioni. Si può decidere di smettere ma può essere anche il trampolino di lancio per cambiare strada, nicchia, committente, e dire basta quando serve. Per dignità.

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