ergio Carazza, aerografista famoso, ha realizzato le decorazioni di un Eptajota del 1927, ispirato a un passato che ... non può passare.

20 Ottobre 2019 di redazione

Sergio Carazza, aerografista famoso, ha realizzato le decorazioni di un Eptajota del 1927, ispirato a un passato che … non può passare.
La storia d’amore tra il Lancia Eptajota del ‘27 ed Enzo Garelli comincia a metà degli anni ‘70. «Sono sempre stato appassionato di veicoli d’epoca –racconta Enzo – era il ‘75 o il ‘76 ed ero andato a consegnare un nuovissimo Fiat-Iveco 190/35 a un cliente di Genova. Nel piazzale era parcheggiato il vecchio Lancia Eptajota. Nonostante la patina degli anni, sembrava ancora in buone condizioni. Fu amore a prima vista. Il cliente, un depositario Shell, era molto affezionato a quell’autocisterna rossa, acquistata nel 1935 dalla NAFTA, allora grande società petrolifera distributrice per l’Italia della Shell». Così, dopo una lunga trattativa, Enzo Garelli riesce a entrare in possesso dell’Eptajota. Enzo Garelli è il titolare di un importante tassello della storia dei camion italiani, la Garelli S.p.A., concessionaria piemontese IVECO da oltre 40 anni. «Il filo che lega la mia famiglia ai camion – dice Enzo – è più vecchio. Mio padre Antonio, nato nel 1913, venne assunto nel 1931 dalla concessionaria Fiat di Mondovì come apprendista nell’officina dedicata ai camion». Da allora, però, la famiglia fa molti passi avanti e, nel giugno del ’46, papà Antonio apre la sua prima officina di riparazione di veicoli industriali. Parte così da Mondovì la grande scalata di Enzo che, nel 1976, assieme ad un gruppo di concessionari Fiat, fonda la concessiona ria IVECO, Mondo V.I. S.p.A.. Nell’81, Enzo ne diventa l’unico socio. Seguono poi un’altra concessionaria e diverse officine che segnano lo straordinario successo di questo appassionato imprenditore.

Eptajota del 1927

Dovranno passare un po’ di anni prima che il vecchio camion Lancia venga restaurato. L’Eptajota ha lavorato per 30 anni di seguito (da ‘35 al ‘65 circa), però… «al momento dell’acquisto – ricorda Enzo – il camion era completo di tutti i pezzi e ancora funzionante. Così lo caricammo nella bisarca e lo trasportammo alla sede di Mondovì». Nel 2005, comincia il restauro e, grazie al capo-officina Stefano Mirto, la vecchia cisterna torna in vita. «Questo camion – spiega Enzo – è l’ultimo della serie Jota, nata durante la Prima Guerra Mondiale. Gli Jota venivano forniti dalla Lancia come telaio cabinato e venivano poi allestiti a seconda delle esigenze. Purtroppo, però, il motore era poco affidabile. Così la Lancia offriva la possibilità di sostituire il motore originale con uno Junkers tede- sco. Che è proprio quello che sta sotto il nostro modello». Ma anche la cisterna ha un grande valore storico. «Fu realizzata dai Cantieri Navali Odero di Genova, l’odierna OTO Melara – spiega Enzo – è di tipo chilolitrico, ossia suddivisa in scomparti da 1.000 litri per semplificare le operazioni di distribuzione. È costruita in lamiere d’acciaio rivettate con i chiodi, perché le giunture dovevano avere una tenuta ermetica senza ausilio di sigillanti. Insomma, un lavoro d’alta precisione». Con il tempo le vecchie scritte sulla cisterna però si erano cancellate e rifarle a mano era un vero problema. A questo punto entra in gioco Sergio Carazza che, convocato da Enzo, si mette subito all’opera: «Il Signor Garelli – dice Carazza – era preoccupato per l’esito delle scritte. Allora io, ancor prima di iniziare il lavoro, gli chiesi dello scotch da carrozziere e con quello, in quat- tro e quattr’otto, formai subito la maschera sulla fiancata della cisterna per la scritta Shell. Garelli, affascinato dalla rapidità e dalla precisione, mi disse: “Carazza… ci possiamo dare del tu?”. Poi ci mettemmo alla ricerca di materiale fotografico dell’epoca per studiare tutte le varie decorazioni. È stato un lavoro fantastico e ora il risultato è davanti ai vostri occhi!». Insomma, è stato come realizzare un camion dei giorni nostri, partendo, però, dal lavoro degli artigiani degli anni ‘20. E, proprio su questo punto, Carazza ha dato il meglio, lavorando con gusto retrò, ma con una precisione e una disciplina del tutto contemporanee. Forse, questo Eptajota non sarà un camion da raduni, ma certo non sfigurerebbe accanto ai grandi mezzi decorati che si incontrano nelle manifestazioni più prestigiose.

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