Tutto è diverso sui 61 chilometri del Camino de Las Yungas, un inferno di strapiombi, da attraversare su di una striscia sterrata ad altezze impossibili, con frane che invadono la carreggiata e gallerie così strette che ci si passa fregando il telone sul soffitto

6 Settembre 2019 di redazione

Per un camionista italiano sessanta chilometri non sono un granché. Anche sulla peggior provinciale della Penisola, al massimo si maledicono tutte ste rotonde e qualche buca di troppo, ma in un’oretta il problema è superato. Tutto è diverso sui 61 chilometri del Camino de Las Yungas, un inferno di strapiombi, da attraversare su di una striscia sterrata ad altezze impossibili, con frane che invadono la carreggiata e gallerie così strette che ci si passa fregando il telone sul soffitto. La Strada della Morte la chiamano e non per spaventare eventuali turisti, piuttosto perché tutti gli anni sono circa trecento i viaggiatori che ci lasciano la pelle, per incidenti o disattenzione, che qui non è assolutamente tollerata, la si paga cara, con la propria vita. Eppure per attraversare la Yungas, una stretta striscia di foresta appoggiata sulle Ande boliviane, non c’è altra via e per chi dalla cittadina mineraria di Coroico deve recarsi a La Paz non resta che avviarsi sugli stretti tornante del Camino e pregare i suoi santi che lo accompagnino, portandolo salvo dall’altra parte. Questo vale per tutti ma soprattutto per i camion che assicurano i rifornimenti e che giornalmente si incrociano sullo stretto tratto, costretti a manovre al limite dell’equilibrismo per riuscire a passare, con magari mezzo pneumatico che già guarda nel vuoto.

Camino de Las Yungas: la strada della morte per i camionisti

Tanto per dare un’idea a chi già trova interessante il passo della Cisa, partendo da La Paz, il Camino prima si innalza per un dislivello di 4.650 metri, fino al passo Cumbre, per poi precipitare in picchiata per 1.200 metri, il tutto costeggiando burroni profondi centinaia di metri, su di una strada che in molti punti è larga poco più di tre metri, che non è naturalmente fornita di guarda rail e che scorre nei due sensi di marcia. Una strada su cui non è difficile incrociare un camion che arriva dalla direzione opposta e su cui, a differenza del resto della Bolivia, tiene la sinistra, perché dove anche i centimetri contano bisogna poter guardare bene dove simettono le ruote. Il resto, precedenze comprese, è affidato al buonsenso dei viaggiatori, soprattutto di camionisti e autisti di pullman, del resto incaponirsi da queste parti porta ben pochi vantaggi, gli spazi sono quello che sono, spesso la carreggiata è piena di sassi dovuti a una dei frequenti smottamenti, oppure si viaggia avvolti nella nebbia tanto comune alla foresta amazzonica, così come comuni sono le piogge torrenziali che trasformano il tracciato in una palude attraversata da cascate improvvise. Per ovviare al problema, di recente sono state apportate una serie di migliorie, ma la situazione non è cambiata di molto. Neanche a dirlo, di semirimorchi non se ne parla, impossibile farli ruotare nei tornanti a 90° con vista sul vuoto, e neppure un equilibrista riuscirebbe a manovrarli in spazi così ristretti. Sul Camino scorre incessante un flusso di vecchi camion, la cui manutenzione approssimativa non migliora il quadro. Eppure è incredibile vedere la mole di traffico sulla strada, il numero di truck e piccoli autobus che la percorrono incessantemente, così come in tanti scelgono la Chulumani Road, che conduce al piccolo capoluogo della parte sud dello Yungas, quasi altrettanto mortale, tristemente nota per l’incidente, con un centinaio di vittime, che coinvolse un autobus anni fa. Tanto è il pericolo che da anni ormai il Camino è diventato una sorta di attrazione turistica, con migliaia di appassionati della mountain bike che la affrontano pedalando e pagando a loro volta un pesante tributo di sangue, con qualche decina di vittime negli ultimi quindici anni. L’ultima sfida alla strada della morte è stata lanciata dal team di camionisti già protagonisti della serie televisiva “Gli eroi del ghiaccio” e dello spin off girato sulle strade dell’Himalaya. Sei camionisti americani, compresi alcuni tra i migliori degli show precedenti si sono quindi sfidati sul Camino alla guida di tre Volvo F12 non proprio di primo pelo, e non tutti sono riusciti a portare a termine l’avventura, un paio infatti, tra cui lo specialista Dave Redmon, hanno decisodopo aver percorso il primo tratto di lasciare in anticipo la competizione. Gli altri hanno continuato, giusto il tempo necessario perché le telecamere di History Channel (che fa parte in Italia del pacchetto Sky) riuscissero a riprenderne la folle avventura, che gli autisti locali affrontano ogni giorno. Questione di abitudine, di coraggio o forse semplicemente di disperazione.

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